(CAVALIERI MARVEL)
N° 61
PARADISI PERDUTI
Di Carlo Monni
1.
L’uomo dalla tunica
verde si chiama John Aman e nei lontani tempi che qualcuno ha voluto chiamare
Età d’Oro dei Supereroi è stato uno degli alfieri tra gli avventurieri in
costume col nome di Amazing Man, poi è improvvisamente scomparso e nessuno ha
più sentito parlare di lui.
Quanto a te, Danny Rand, alias Iron
Fist, conoscevi la sua esistenza ma la ritenevi una leggenda, il che è molto di
più di quanto sapevi di Orson Randall, l’uomo che non solo ha cresciuto tuo
padre, Wendell Rand, come un figlio lasciandolo erede di una vasta fortuna, ma
ti ha anche preceduto nel ruolo di Iron Fist.
Molti
sono i misteri irrisolti di Orson Randall e tu e tua sorella Miranda non ne
avete ancora scalfito nemmeno la superficie.
Per
il momento, però, sei più interessato a quel che ha da dire John Aman:
-Sette città oltre
l’immaginabile, sette cieli che si sfiorano senza mai toccarsi… poi ecco
l’allineamento e le sette città per un’eternità o un breve battito di ciglia
occupano lo stesso spaziotempo e comunità isolate si incontrano e si
confrontano. Ma dove c’è la luce, può mancare la tenebra? Ogni città del
Paradiso ha una sua controparte oscura.-
-Una città
dell’Inferno.- commenta Miranda.
-Una definizione
azzeccata miss Rand.- replica Aman.
-Può chiamarmi
Miranda.- ribatte la ragazza –La prego continui.-
-Anche le città
oscure si allineano assieme alle città celesti e per un lunghissimo giorno è
possibile la guerra. Per preservare l’equilibrio si è raggiunto un accordo: un
campione delle sette città del paradiso si scontra contro un campione delle
città oscura e chi vince determina chi prevarrà sino all’allineamento
seguente.-
-Capisco.- dici
–Quindi per scegliere il campione viene organizzato un torneo tra i campioni di
ogni città ed i vincitori di ciascuna parte si scontrano nel duello finale.-
-Sostanzialmente
corretto.- replica Aman
-Quindi toccherà a
me o ad Orson rappresentare K’Un Lun.-
-Ehi… perché non
io?- interviene Miranda.
-Perché tu non
possiedi il potere di Shou Lao il Grande Drago… diversamente da me e tuo
fratello.- replica Orson.
Miranda scuote la testa poco
convinta.
-E quando comincerà
questo torneo?- chiedi.
-Domani.- risponde
Aman -Avrete tutto il tempo per prendere confidenza con i vostri avversari: le
altre Armi Immortali.-
Un prospettiva che ti sembra
inquietante.
Fissa la sua katana insanguinata e
poi rivolge uno sguardo al cadavere ai suoi piedi. Dovrebbe provare qualcosa,
si dice, ma non sente niente: né rimorso né disgusto o qualsiasi altra
sensazione… solo il vuoto assoluto. Ripone la sua arma nel fodero e rifà al
contrario la strada fatta per entrare. Sulla sua strada gli uomini che ha
eliminato per raggiungere il suo bersaglio, gente che per lei non contava nulla,
erano solo ostacoli tra lei e l’uomo che era stata incaricata di uccidere.
Nella contabilità della morte sono una semplice annotazione.
Mentre lascia la casa di Kenzo Orii,
lei è ormai consapevole che l’innocente adolescente Nina McCabe ha cessato di
esistere ed ha lasciato il posto alla spietata Cigno Nero.
Non è passato molto tempo dall’ultima volta
che ha visto le guglie della Cattedrale di San Basilio o le alte torri del
Cremlino eppure tutto è cambiato da allora. Natalia Alianovna Romanova, meglio
nota come la letale Vedova Nera è di nuovo una fuorilegge nel suo stesso paese
e uno degli uomini di cui si fidava di più è trattenuto in una delle più temute
prigioni della nazione
Natasha e la sua alleata Debra Levin
non osano soffermarsi troppo davanti al sinistro palazzo della Lubyanka
nell’omonima piazza un tempo intitolata al fondatore dei servizi segreti
sovietici. Forse lo spettro di Felix Edmundovich
Dzerzhinsky
aleggia ancora sulla piazza e dalle mura del palazzo il
sangue degli uccisi e dei torturati grida ancora vendetta. Non è l’urlo delle
vittime, però, quello che la Vedova Nera ode ma solo il sibilo del vento e il
palazzo non è un’entità vivente ma solo un palazzo dopotutto per quanti orrori
siano passati tra le sue mura.
Le due donne si allontanano
rapidamente. Meglio non attirare l’attenzione, il rischio di essere
riconosciute nonostante il loro camuffamento è altissimo.
Pochi minuti dopo sono sedute al
tavolo di un bar e conversano a bassa voce.
-Per quanto ci
abbia passato la maggior parte della mia vita lavorativa…- sta dicendo Debra
Levin -… non sono mai riuscita ad evitare un senso di disagio nell’entrare in
quel palazzo e solo poche volte sono scesa nelle prigioni. Dicono che i soli
modi per uscirne siano la grazia del Presidente, un viaggio di sola andata per
la Siberia o la morte.-
Non è esatto.- ribatte
Natasha –Anni fa una donna, un’agente dei servizi segreti militari americani,
era tenuta prigioniera alla Lubyanka e fu liberata da un agente canadese. La
storia era già leggendaria quando lasciai la Madre Russia per la mia ultima
missione negli Stati Uniti.-
-Ne ho sentito
parlare…- replica Debra -…ma credevo che fosse, appunto, una leggenda.-
-Era tutto vero. Ho
conosciuto entrambi i protagonisti ed entrambi mi hanno confermato la storia.
Fuggire dalla Lubyanka è possibile e noi troveremo il modo di tirarne fuori
Vazhin.-
-Non è la tua
lotta, Natalia Alianovna. Puoi tirartene fuori.-
-Alexei Mikhailovitch
è stato un buon amico per me ed io non abbandono gli amici.-
Natasha si interrompe di colpo e si
gira di scatto.
-Cosa c’è?- chiede
Debra Levin preoccupata.
-Per un attimo mi
sono sentita osservata,- risponde la Vedova –Ma ora è passata. Forse è solo
eccesso di paranoia.-
O forse c’era davvero qualcuno… ma
chi?
2.
Chicago, nota come la città ventosa,
è una roccaforte del Partito Democratico ma anche una delle patrie del crimine
organizzato negli Stati Uniti. Il Sindacato di Chicago non ha più la stessa
forza dei leggendari anni di Al Capone, quando le autorità politiche e le forze
di Polizia erano invase da una corruzione endemica. Ha perso terreno, è stato
espulso da Las Vegas e quasi annientato a Los Angeles, soppiantato dalle bande
sudamericane e dalle mafie dell’Est Europa. Non c’è più bisogno degli
Intoccabili o dei Segreti Sei per garantire il rispetto de diritto con metodi
poco ortodossi… o questo è quel che piace credere ai cittadini di Chicago.
In realtà, il Sindacato è ancora
abbastanza potente e la donna che siede da sola in uno dei più famosi locali di
Chicago lo sa molto bene: è per stanare due dei suoi capi che è venuta sin qui.
Il nome che figura sui suoi documenti non è così importante quanto il fatto che
in realtà è Elektra Natchios, forse la killer più letale del pianeta, temuta
anche dai leggendari ninja della Mano, che pure l’hanno addestrata.
Il suo bersaglio primario si chiama
Frankie “Naso Piatto” Torello, boss indiscusso del Sindacato, e quello
secondario è il suo braccio destro Mike “Furetto” Di Marco. Lei non deve
limitarsi ad ucciderli: deve far arrivare forte e chiaro il messaggio che il
Coliseum Casinò di Las Vegas e Suzy Berengetti devono essere considerati off
limits.
De Marco pare essersi accorto di lei
e la guarda con insistenza. Elektra solleva il bicchiere quasi a fare un
brindisi e gli sorride accavallando le gambe.
Vieni da me, pensa, e lui sembra
aver colto l’invito perché si muove dal bancone e si dirige verso di lei.
Clive Reston sta cercando di dormire
nella cameretta riservatagli. La figlia di Fu Manchu dice di volerli come
alleati contro suo padre, ma non si fida a lasciarli liberi: la porta della sua
camera si può aprire solo dall’esterno. Non può biasimarla dopotutto, al suo
posto lui non si sarebbe comportato diversamente
Improvvisamente la porta della
stanza si apre e nel vano compare la silhouette di una donna e quando avanza
nella stanza mentre la porta che si richiude alle sue spalle Clive la
riconosce:
-Fah Lo Suee… che
cosa vuoi?-
-Voglio un uomo per
stanotte.- è la franca e spiazzante risposta –E ho scelto te, Clive Reston.
-Uh… sono
lusingato. Cosa c’è: i tuoi schiavetti non sono abbastanza… virili?-
La figlia di Fu Manchu sorride e
lascia cadere al suolo la sua veste per poi fermarsi al bordo del letto.
-Voglio te ed è la
sola cosa che deve interessarti.- replica.
-Beh… non è che non
apprezzi la… merce, ma se non fossi interessato?-
-Non ho mai detto
che hai una scelta… e poi… credimi… sei
interessato.-
Fah Lo Suee si stende su di lui, gli
passa le mani sul petto poi comincia a scendere.
-Mostrami che uomo
sei, Reston.- sussurra.
Miranda Rand si è svegliata presto e
si è infilata il suo costume da battaglia, quasi identico a quello di suo
fratello ma rosso e verde invece che verde e giallo. Un’altra differenza è che
la sua scollatura si ferma all’attaccatura dei seni e subito sotto di essa c’è
il disegno stilizzato del Drago Shou Lao che arriva sino alla vita.
Non ha indossato la maschera: non ne
ha bisogno qui dove tutti sanno chi è. Comincia un’intensa sessione di
allenamento senza fermarsi mai e ad un certo punto sente una voce alle sue
spalle.
-Sei davvero in
gamba, ragazza. Orson sbaglia a sottovalutarti.-
Miranda si volta per trovarsi di
fronte John Aman.
-Non ho molti ricordi
della mia vita passata.- replica la ragazza –Ma una cosa la so: sono stata
addestrata dai migliori.-
-Non ne dubito. Ti
va di fare un po’ di allenamento con me? Uno sparring partner può farti
comodo.-
-Perché no? Se te
la senti.-
Aman sorride e rapidamente si sfila
la tunica verde che porta di solito e Miranda nota che indossa solo un paio di
calzoncini neri su cui spicca una cintura azzurra su cui terminano due bretelle
che si incrociano sul suo petto a formare una x. Al centro della quale c’è una specie
di amuleto rosso con una A dorata, Miranda non può sapere che era la sua
“divisa” quando lui era il supereroe chiamato Amazing Man. Non può non notare,
però che il suo fisico è tonico asciutto ed i muscoli guizzanti. Da quel che ha
capito della sua storia, Aman dovrebbe avere più di cento anni ma non ne
dimostra nemmeno quaranta ed è soprattutto il fatto che il suo cranio è
completamente rasato a dare l’impressione che sia più vecchio.
-Allora, ragazza,
ti decidi a fare qualcosa o vuoi restare lì imbambolata?-
L’esortazione di Aman sveglia
Miranda che lanciando un grido salta verso di lui.
3.
Nessuno ha mai preso in seria
considerazione l’idea di penetrare nel Palazzo della Lubyanka nei quasi cento
anni da che è la sede della polizia segreta prima sovietica poi della nuova
Russia… che va sempre più assomigliando alla vecchia… nessuno dei moscoviti
almeno.
Natalia Alianovna Romanova, la
Vedova Nera non è più pazza del suo vecchio amico Logan e lui ce l’ha fatta,
quindi può riuscirci anche lei.
Entrare è la parte più facile per
una coi suoi talenti. Conosce la pianta del palazzo a memoria, dopotutto c’è
stata varie volte a prendere direttive per le missioni quando lavorava per…
Ha udito un rumore o è solo la sua
immaginazione? Non può trascurare nessuna possibilità. Fa un cenno a Debra
Levin che annuisce e parte da sola verso i sotterranei. Anche per lei il
palazzo non ha segreti.
La Vedova si fonde nelle tenebre e
si muove con circospezione. Il rumore che ha sentito veniva da quell’angolo e
ora sente delle voci. Meglio sincerarsi di chi c’è e se necessario metterlo
fuori combattimento. Usando le sue ventose scivola sul soffitto verso la sua
meta. Man mano che si avvicina le voci si fanno sempre più chiare. Sono due
voci maschili. La prima non le dice niente ma la seconda… la seconda…
Fa appena in tempo a vedere la
familiare uniforme rossa e bianca che come una dilettante dalle labbra le
sfugge un nome:
-Alexi.-
Il Guardiano Rosso volta la testa verso
il soffitto e prima ancora di vederla esclama:
-Natasha.-
Clive Reston si sveglia e si ritrova
solo. Per un attimo si chiede se ha sognato, poi Fah Lo Suee esce dal bagno
completamente nuda come se fosse la cosa più naturale del mondo.
-Dormito bene,
Reston?- chiede con un sogghigno.
Direi che ho dormito
poco.- ribatte ironico Reston –E dopo stanotte direi che puoi chiamarmi Clive.
Io posso chiamarti Fah… o preferisci Sue?-
Lei lo ignora e si siede sul bordo
del letto.
-Non darti troppe
arie. Non sei il primo dei miei avversari con cui ho fatto l’amore. Più di
ottant’anni fa l’ho fatto con Denis Nayland Smith.-
-Il vecchio Smith?
Chi l’avrebbe mai detto, lui così serio e posato.-
-Non era facile
resistermi allora… e nemmeno oggi. Da quell’unico incontro nacque un figlio che
io poi consegnai a lui. Non fu una decisione facile ma era l’unica possibile.-
-Tu e Smith… un
figlio? Vuoi dire che i nipoti di Smith…-
-Sono anche i miei
nipoti? Sì ed anche pronipoti. Non tutti, ovviamente, ci sono anche i
discendenti di sua moglie.-
-Perché mi hai
detto questo? Non eri obbligata.-
-Onestamente non lo
so.- risponde la figlia di Fu Manchu mentre raccoglie la sua veste da terra e
se la infila –Forse per farti capire che non sono quel mostro senza cuore che
credi. Ora riposati… Clive… avrai bisogno di tutte le tue forze contro mio
padre ed il mio fratellastro Ombra Mobile… e non vorrei mai che tu morissi…
dopo quel che è accaduto stanotte tra noi. Anzi… sono contenta di non essere
riuscita ad ucciderti in passato.-
La porta si apre automaticamente
davanti a Fah Lo Suee per poi richiudersi dopo il suo passaggio. Clive si
concede un sorriso: ho appena ricevuto una specie di dichiarazione d’amore da
una psicopatica assassina, pensa. Che uomo fortunato che sono.
John Aman evita il primo assalto di
Miranda e le afferra un braccio, ma lei compie un mezzo giro su se stessa e gli
sferra un calcio. Per evitarlo Aman lascia la presa.
-Stai andando bene,
ragazza…- le dice -… ma scommetto che sai fare di meglio.-
Miranda lancia un altro urlo di
battaglia e si scaglia su di lui a piedi uniti. Aman si muta in una nebbia
verde e Miranda lo attraversa. Con una capriola atterra sui piedi come una
gatta.
-Non è stato
leale.- protesta.
-I nemici raramente
ti concedono dei vantaggi.- replica Aman –devi essere pronta a tutto… anche a un
nemico che non puoi toccare.-
Detto questo, John Aman, ma potremmo
anche chiamarlo Amazing Man, si ritrasforma in nebbia e si solidifica a pochi
centimetri da Miranda ma la ragazza evita di misura il colpo e si esibisce in
una serie di capriole al termine delle quali sferra un calcio al mento di Aman
che barcolla ma riesce a restare in piedi.
-Ottimo colpo.-
commenta sorridendo –Ma questo è meglio.-
Così veloce che Miranda riesce a
stento a vederlo Aman si precipita su di lei e l’afferra alla vita trascinandola
a terra e opprimendola col suo peso.
-Adesso potresti
arrenderti.- le dice.
-Niente affatto.- è
la pronta risposta.
Con una mossa repentina Miranda lo
fa volare sopra la sua testa e poi gli è sopra spingendogli entrambe le spalle
contro il suolo.
-Hai perso.-
proclama la ragazza.
-Mi dichiaro
sconfitto.- replica Aman sorridendo.
-Bene… ora ti
faccio alzare.-
-Non ho fretta… da
qui ho un’ottima vista.-
-Buffone.- ribatte
Miranda, ma sorride.
-Bene… bene… che
abbiamo qui? Pare che tua sorella sia davvero una brava combattente Danny.-
A parlare è stato Orson Randall,
appena sopraggiunto con Danny Rand.
-Grazie… credo.-
risponde Miranda.
-Sai, mi ricordi
tuo padre più di tuo fratello Danny…- prosegue Orson -... sei cocciuta e
determinata come lui.-
-Quanto conoscevi mio
padre?-
-Troppo.- è la
sibillina risposta –Su… andate a prendere una tazza di thè o di quel che vi
pare e lasciate spazio a me e Danny per il nostro allenamento.-
Mentre John Aman gli passa vicino
Orson lo afferra per un braccio e gli sussurra:
-Sta attento con
quella ragazza: ricorda che sei abbastanza vecchio da essere il suo bisnonno.-
-Ma non lo sono.- è
la replica piccata di Aman –E biologicamente non sono tanto più vecchio di
lei.-
-Ma io resto un
tipo protettivo, non dimenticarlo… Oh… bel costume. Se non sbaglio l’ultima
volta che te l’ho visto addosso era il 1942.-
-Sai com’è… sono un
nostalgico… e poi mi fa sentire giovane.-
Orson resta a guardarlo allontanarsi
poi si rivolge a Danny.
-Allora, figliolo…
sei pronto per una sana scazzottata vecchio stile?-
4.
Si fissano per un lungo istante
incapaci di parlare, incapaci perfino di credere a quello che vedono i loro
occhi, poi l’uomo di fianco al Guardiano Rosso, che Natasha riconosce come Vladimir
Menikov, il nuovo direttore del F.S.B. al posto di Alexei Vazhin,[1]
rompe l’incantesimo e ordina alle guardie con lui di sparare all’intrusa, ma il
Morso di Vedova li coglie prima che possano estrarre le armi e li abbatte, poi
Natasha salta giù dal soffitto e colpisce Menikov col taglio della mano facendolo
svenire.
-Non avresti dovuto
farlo, Natasha.- le dice il Guardiano.
-Aveva ordinato di
spararmi.- è la secca replica.
-Faceva solo il suo
dovere. Non è un tipo tanto male in fondo. Certo… ha il vizio di chiamare tutti
“Compagno” anche se l’Unione Sovietica è morta quando lui era alle elementari,
ma si può sopportare.-
La voce, il portamento, non può
essere un impostore e se è un clone è davvero perfetto.
-Sei davvero tu
Alexi?- mormora la Vedova.
-Sarebbe stato più
facile se non fossi davvero io, vero?- replica lui –Più facile per tutti e due.
So cosa sei venuta a fare, tesoro, e non posso permettertelo.-
-Non ho bisogno del
tuo permesso per fare quello che voglio.- sbotta Natasha –E non chiamarmi
tesoro… mai più.-
Gli sferra un calcio ma lui lo para
facilmente e le afferra la caviglia facendola cadere a terra. Prima che lei possa
rialzarsi. Le blocca i polsi e lei si divincola, poi accade qualcosa: si
guardano senza parlare quindi lui la bacia e lei risponde al bacio.
Quanto rimangono così non saprebbe
dirlo nessuno dei due. Abbastanza perché Natasha ricordi quanto lo ha amato,
l’unico uomo che abbia amato abbastanza da sposarlo, l’unico con cui ha
abbassato tutte le sue difese… abbastanza da ricordare i sogni che avevano, la famiglia
che avrebbero voluto avere e che è stata loro brutalmente sottratta dai loro
capi.
Quando si staccano lei lo fissa e
nel suo volto vede gli stessi suoi pensieri.
-Perché Alexi?-
chiede con sincero stupore -Quando ci siamo visti l’ultima volta tu ti sei
preso una pallottola destinata a me e hai anche protetto Capitan America dal
generale Ling che voleva colpirlo a tradimento.[2]
Ora, invece, sei il servo del Governo.-
-Tu non puoi capire
Tasha. Mi hanno ritrovato miracolosamente vivo, è vero, ma sono rimasto in coma
per molto tempo prima di risvegliarmi. Non mi resta altro che servire il mio
paese.-
-Senza porti mai
domande? Non è questo il modo giusto Alexi.-
Lui tace e si morde un labbro
pensieroso, dà un’occhiata allo svenuto Menikov poi parla di nuovo:
-Vattene Natasha.
Non riuscirai a liberare Vazhin, nemmeno se riesci a passare oltre a me, rassegnati.
In nome di quel che siamo… siamo stati l’uno per l’altra ti concedo un
vantaggio: il tempo di lasciare l’edificio poi darò l’allarme.-
Natasha lo fissa in silenzio, poi si
gira e si incammina nel corridoio. Non si volta nemmeno quando gli dice cercando
di non mostrare emozioni:
-Mandami le carte
per il divorzio e le firmerò immediatamente.-
Lui non vedrà le sue lacrime.
-Lo farò.- è la
laconica risposta del Guardiano Rosso.
Lei non vedrà le sue.
Natasha esce dalla Lubyanka
esattamente come ci è entrata e poco dopo ode l’eco degli allarmi. Alexi è
stato di parola. Si chiede che fine ha fatto Debra Levin. Forse ce l’ha fatta o
hanno scoperto anche lei. Non può pensarci adesso. Lei è in gamba, può sfuggire
a qualunque cacciatore, ma non ha molti posto dove nascondersi a Mosca. Deve
andarsene con qualunque mezzo
Nascosta nell’ombra riflette sulla
sua situazione, quando ode una voce:
-Da questa parte,
Vedova.-
Chi è? La voce è familiare ma… e
quella silhouette… che Alexi abbia cambiato idea? Per un attimo Natasha spera
irrazionalmente che sia così, poi riconosce il nuovo arrivato.
-Il Guardiano
d’Acciaio.- esclama.
Lui si porta un dito alle labbra e
le fa cenno di seguirlo. Che sia una trappola? Il Guardiano d’Acciaio era il
leader della Guardia d’Inverno dopotutto. In qualche modo, però, la Vedova
sente di potersi fidare e lo segue.
Attraverso un passaggio segreto
raggiungono un piccolo appartamento.
-Un rifugio
d’emergenza dello S.H.I.EL.D.- spiega il Guardiano d’Acciaio c’è il necessario
per travestirci e riposare un pochino prima di partire.- le getta dei vestiti
–Mettili. Se vuoi mi volto dall’altra parte… anche se non vedrei nulla che non
abbia già visto.-
-Sul serio?-
Natasha è perplessa –E quando…?-
Il Guardiano si sfila la maschera
rivelando il volto di un uomo su trent’anni, biondo e con magnetici occhi grigio-azzurri.
-Mi ricordo di te.-
esclama Natasha –Maggiore Andrei Nicolaievitch Rostov. Ci siamo conosciuti all’ambasciata
americana ai tempi dell’affare annullatore.[3]
In effetti sospettavo che dietro la maschera ci fossi tu.-
-Ora non ha molto
senso tenertelo segreto. Volevo che lo sapessi nel caso qualcosa andasse
storto.-
-Dicevi… dicevi che
eri diventato pilota perché ammiravi Alexi.-
-Già… ironico,
vero? Non c’è un detto sugli idoli infranti?-
-Se c’è non lo
ricordo… o non voglio ricordarlo.-
Rostov si è tolto la metà superiore
del costume e si sta sfilando i pantaloni. Natasha si è già sfilata i costume e
senza il minimo imbarazzo si sfila anche le mutandine.
-Aspetta…- mormora
Rostov -… cosa… cosa vuoi fare?-
-Non dobbiamo partire
proprio stanotte, vero?- sussurra la Vedova –Io ho un disperato bisogno di…
calore umano… amore… sesso… non m’importa. Non adesso.-
Lui non la respinge e si lascia
portare sul letto. Quanto a lei chiude gli occhi e si abbandona sperando di
cancellare per sempre il ricordo di Alexi.
La porta della cella si apre e
Alexei Mikhailovitch Vazhin, risvegliatosi bruscamente a causa della luce
improvvisa, sbatte l’unico occhio sano. Sulla soglia la sua nemesi Vladimir
Menikov.
-Che cosa c’è
adesso?- chiede Vazhin.
-Volevo solo
informarti…- risponde, serafico, Menikov -… che c’è stato un tentativo di liberarti,
ma come vedi è fallito. Ci hanno provato la Vedova Nera, la Romanova ovviamente,
e il tuo ex braccio destro l’ex maggiore Debra Levin.-
-Le avete prese?-
-Ahimè la Vedova ci
è sfuggita, per ora. Il maggiore Levin, invece, è caduta nelle nostre mani.
Avevo pensato di trattenerla qui, ma poi ho riflettuto ed ho deciso di mandarla
in un campo di lavoro in Siberia. Attenderà lì il processo per tradimento e
tentata evasione e la degradazione formale.-
-Più le cose
cambiano, più rimangono le stesse.- mormora Vazhin
-Cosa?-
-Nulla… nulla di
importante.-
-La storia della
tua vita da qualche tempo a questa parte, no?-
La
porta si richiude e di nuovo Vazhin rimane solo… sconfitto, forse, ma non
ancora domato
L’aereo
proveniente dalla Francia è in perfetto orario e sbrigate le formalità doganali
l’uomo conosciuto come Paladin si dirige verso l’appartamento che possiede come
Paul Denning. Durante il viaggio prova a telefonare alla Vedova Nera ma il suo
cellulare risulta sempre irraggiungibile.
Giunto
a casa si concede un breve riposo per riprendersi dal jet lag. Quando si
sveglia riprova a telefonare a Natasha ma senza successo.
Non
ammetterebbe mai di essere preoccupato per lei ma decide di fare qualche
indagine. Una volta appurato che lei non è nel suo appartamento, gli rimane un
solo posto dove guardare.
Ivan
Petrovitch non è troppo sorpreso di vedere Paladin entrare dalla finestra nella
sua stanza all’Howard A. Stark Memorial Hospital.
-Che ci fai qui?-
lo apostrofa.
-Sempre il solito:
gentile e zuccheroso, vedo.- replica Paladin sorridendo –Mi pare che ti stai riprendendo
bene, vecchio orso, non ne ho mai dubitato.[4]
Lei dov’è?-
-Vuoi dire che non
lo sai?-
-Sono partito per
la Francia il giorno dopo averti portato qui. Che è successo?-
Ivan lo mette al corrente degli
ultimi sviluppi dallo smascheramento pubblico del Guardiano Rosso in avanti.
-E così suo marito
è ancora vivo. Capisco che sia sconvolta.- commenta Paladin.
-Ascolta, Paladin.-
gli si rivolge Ivan –Tu non mi stai troppo simpatico, lo sai, ma ho la
sensazione che Natasha tornerà ferita nell’animo. Se davvero tieni a lei,
stalle vicino.-
-Se tengo davvero a
lei?- la voce di Paladin è insolitamente seria –Forse più di quanto sarebbe
salutare per me. Ti prometto che farò del mio meglio, vecchio.-
-Cercherò di
farmelo bastare.-
E nessuno dei due ha altro da
aggiungere.
5.
Natasha si sveglia
con una sottile inquietudine. Per quanto si sforzi di negarlo, l’incontro con
Alexi non è stato indolore. Per due volte lo ha creduto morto e per due volte
ha scoperto che non era vero. Ha amato altri uomini dopo di lui: Clint Barton,
Matt Murdock e con ognuno di loro ha cercato di riempire il vuoto che Alexi
aveva lasciato dentro di lei ed ora ha paura che quel vuoto non sarà colmato
mai più. Non ha importanza, si dice, lei è la Vedova Nera, sopravvivrà anche a
questo: è una maestra nell’arte di sopravvivere
L’uomo che lei conosce come Andrei
Rostov è già pronto e non è più lo stesso: i capelli ora sono neri ed anche il
colore degli occhi è cambiato da grigi a neri. Merito di lenti a contatto,
immagina Natasha. Incredibile come assomigli ad Alexi adesso. No... deve
smettere di pensare a lui.
Rostov
finisce di vestirsi indossando la giacca di un completo marrone con cravatta in
tinta su una camicia celeste.
-Ti piace il nuovo
me?- le chiede sorridendo –Miracoli di un colorante per capelli e di un po’ di
trucco. Ti ho detto che sono un asso del travestimento?-
-Uno dei tuoi tanti
talenti.- replica Natasha alzandosi dal letto –Tra i quali non c’è la
modestia.-
-E a che serve? In
bagno troverai il necessario per te. Io suggerirei il nero. Ti donava nelle tue
prime missioni. Bionda sembreresti la zia di Yelena Belova.-
-Impertinente. Per
fortuna… tua… non hai detto: la madre.-
-Ci tengo alla
pelle.-
Natasha si lascia andare ad una
risata, la prima da troppo tempo e si dirige in bagno. Ne esce 45 minuti dopo
con i capelli nerissimi raccolti a chignon sulla nuca.
-Come sto?- chiede.
-Sei… fantastica.- replica
Rostov.
Natasha sorride e senza badare ai
suoi sguardi apre un armadio e comincia a vestirsi: prima reggiseno e mutandine
di pizzo nero, poi calze a rete e un abito a tubino nero che le lascia scoperte
le braccia
-Aiutami con la
lampo- chiede al suo compagno e lui si affretta a tirar sul la zip del tubino
posta sulla schiena. L’ultimo tocco sono scarpe di pelle nera ed un po’ di
gioielli.
-Non vorrei
ripetermi…- esclama Rostov -… ma sei stupenda. Sei perfetta per la parte che
devi recitare.-
-Che sarebbe?-
chiede la Vedova.
-L’accompagnatrice
di un imprenditore ucraino che si sta recando a San Pietroburgo per affari.-
-Una prostituta
d’alto bordo, insomma… è così che mi vedi?-
Rostov abbozza un sorriso.
-Sai bene cosa
intendevo dire.- replica e le porge un passaporto –Un perfetto passaporto
ucraino… perfettamente realizzato dai tecnici dello S.H.I.E.L.D. Impara a
memoria il tuo nuovo nome.-
Natasha da una scorsa al documento.
-Oksana
Mykulaiyevna Petrenko.- commenta -Non è difficile.-
-Immagino che tu
conosca l’Ucraino.-
-Da.- risponde lei
mettendo in quell’unica sillaba un perfetto accento di Kiev.
-Prendi la tua
borsa e andiamo allora.-
Scendono in ascensore fino ad un
garage dove li attende una Mercedes, auto molto popolare tra l’alta borghesia
russa.
-Aerei e treni
saranno sicuramente tenuti d’occhio.- spiega Rostov –Ci tocca tentare la
fortuna sulle autostrade.-
Pochi attimi e sono in viaggio.
-C’è una cosa su
cui stavo riflettendo fin da quando ti ho conosciuto.- dice Natasha al suo
compagno -Anni fa avevo un istruttore che si chiamava proprio come te: Andrei
Rostov.-
-Davvero?- replica
lui –Che curiosa coincidenza… ed era solo un istruttore per te?-
-Non cercare di
farmi passare per stupida: sai benissimo che siamo stati amanti… come sai che è
poi diventato un terrorista internazionale.[5]
E tu chi sei, Andrei Nikolaievitch Rostov? Questo è davvero il tuo nome o è un
altro elaborato inganno?-
-Sai che fai troppe
domande, Natasha?-
Nel momento stesso in cui l’armiere
della navicella sta per sparare, Rick Mason fa la sua scelta: non può restare
senza far niente a veder morire decine, forse centinaia, di persone e se questo
vuol dire che perderà la sua vita, beh… tanto peggio: nessuno vive per sempre .
Il suo primo colpo abbatte
l’armiere, i successivi due distruggono il quadro comandi della navetta
ottenendo il triplice scopo di distruggere i sistemi d’arma, farne saltare lo
scudo che ne impediva la rilevazione da parte dei sistemi di difesa e farla
precipitare verso il suolo.
-Tu… traditore.-
Il volto della mutante Nekra è
trasfigurato in una maschera di puro odio mentre si getta su di lui con
l’impeto di una belva furiosa. La missione di Mason di infiltrarsi
nell’organizzazione terroristica chiamata Spettro Nero e impedirne l’attentato
al Dipartimento della Sicurezza Interna degli Stati Uniti sembra destinata a
finire con la sua morte.
Miranda entra nella mensa comune e
si dirige verso il tavolo a cui sono seduti suo fratello e gli altri. Alza un
attimo lo sguardo verso il piano superiore, dove da un ballatoio due figure entrambe
vestite di verde osservano.
Miranda ha perso la memoria. I
ricordi della sua vita passata affiorano frammentari ogni tanto come pezzi
sparsi di un puzzle. Sa di essere figlia di Wendell Rand e di una nativa di
K’Un Lun morta poco dopo la sua nascita e poco prima che lo stesso Wendell
decidesse di lasciare K’Un Lun per tornare nel suo natio mondo esterno. Sa
anche che è stata catturata dagli uomini pianta chiamati H’ylthri e trattenuta
in un baccello da cui le sue energie vitali erano costantemente drenate. Ogni
tanto le pare di ricordare che ci fosse un ragazzo con lei ma non riesce mai a
ricordarne nome e volto. Se davvero lo amava, come può ricordare certe cose ed
aver dimenticato lui?
Due persone però le ricorda
benissimo e sono proprio quelle che ora la stanno osservando: Yu-Ti, l’Augusto
Personaggio di Giada, il sovrano ereditario di K’Un Lun, il cui volto è
perennemente celato da un cappuccio verde e che indossa una tunica dello stesso
colore. Fu lui ad insistere che l’antica legge che proibiva alle donne di
imparare le arti marziali fosse applicata a lei anche se c’erano state
eccezioni in passato, permesse dallo Yu-Ti dell’epoca. Le hanno detto che è suo
zio, un fratello adottivo di suo padre e forse questo spiega le sue azioni:
invidia. L’altra persona è Lei Kung, il Tonante, colui che sovraintende ai
guerrieri di K’Un Lun e li istruisce personalmente. Un uomo giusto che permise
segretamente l’insegnamento di quelle arti a Miranda e che sapeva che lei era
degna di sfidare Shou Lao.
Un pensiero la colpisce: loro devono
sapere chi era il ragazzo, deve chiederglielo. Accantona quel pensiero mentre
mangia, poi John Aman parla:
-È arrivato il momento
che conosciate le altre Armi Immortali.-
Finalmente, pensa Miranda. Aman li
conduce sino ad un emiciclo dove aspettano due uomini e due donne in abiti
variopinti.
-Credevo fossero
sette.- commenta Miranda.
-Una delle città
non ha un campione e sarà rappresentata da uno di voi.- spiega Aman –Il
Campione di K’Un Lun è di diritto l’Iron Fist titolare. Quanto al campione
della settima città… sono io.-
CONTINUA
NOTE
DELL’AUTORE
Fine di un episodio
che oltre a continuare vecchie trame segna l’inizio di una fase in cui la
ribalta sarà occupata principalmente da due maestri delle arti marziali come Iron
Fist e Shang Chi.
Ma veniamo alle note:
1)
Le Armi Immortali sono un’idea di Matt
Fraction e Ed Brubaker per la serie Immortal Iron Fist che non fa parte della
nostra continuity. Come da tradizione Marvelit io ho rielaborato il concetto
tenendo conto anche di altre parti della complessa mitologia che si è creata
intorno a K’Un Lun nel corso degli anni. Speriamo che sarete soddisfatti del
risultato.
2)
Due parole su Alexi Shostakov, ovvero
il marito della Vedova Nera. I due giovani si erano sposati da poco quando il
Governo Russo decise che lui sarebbe entrato in un programma per far rivivere
il leggendario uomo mascherato della Seconda Guerra Mondiale chiamato Guardiano
Rosso e lei sarebbe stata addestrata a diventare la migliore delle spie. Per raggiungere
lo scopo finsero la morte di Alexi. Solo parecchi anni dopo Natasha seppe la
verità e il Guardiano Rosso apparentemente sacrificò la sua vite per salvare la
Vedova e Capitan America dalle losche mire di due ufficiali corrotti. E ora
cosa accadrà? Per saperlo non dovete far altro che seguire questa serie e The
Others con le avventure di ben due formazioni contrapposte della Guardia
d’Inverno ad opera del bravo Fabio Volino.
3)
Il “breve incontro” tra Sir Denis
Nayland Smith e Fah Lo Suee non è una mia invenzione ma risale nientemeno cha
al romanzo di Sax Rohmer “The trail of Fu Manchu” del 1934 che a quanto ne so è
inedito in Italia. Che da quell’incontro sia nato un figlio è, però, una
speculazione di autori successivi.
4)
L’aneddoto della spia militare
prigioniera alla Lubyanka e liberata da un agente canadese si deve a Chris
Claremont. La donna era Carol Danvers, che in seguito divenne la supereroina di
nome Miss Marvel ed il Canadese si chiamava Logan ed altri non era che il
futuro Wolverine. Alcuni resoconti parlano anche della presenza di un pilota
d’aerei di nome Ben Grimm.
E
con questo è tutto per ora. Nel prossimo episodio. La Vedova Nera tenta di
uscire dalla Russia, Danny e Miranda fanno conoscenza con le Armi Immortali ed
un bel po’ di altre cose.
A presto.
Carlo